Gialli e misteri nella storia dei cocktail

E’ facile dire cocktail, ma quanti misteri aleggiano intorno a questa parola, quanti segreti nascondono i drink che sorseggiate amabilmente seduti in qualche elegante bar o davanti a qualche suggestivo panorama. L’arte della miscelazione è relativamente nuova e le prime codificazioni di quelli che a buon diritto potevano definirsi cocktail avvennero alla fine dell’800 per proseguire poi in successive scremature e aggiunte fino all’attuale classificazione IBA. Nel corso della tumultuosa storia del cocktail sono diversi i drink la cui paternità è contesa come i natali di Cristoforo Colombo, in certi casi da diversi bartender, in altri, addirittura, da città e intere nazioni.

Cominciamo però dalla stessa parola:

Da dove deriva il termine cocktail?

 

co gnerico

Per i più, la parola deriva dai colori della bevanda servita che aveva, appunto, le sfumature cromatiche della coda di un gallo. Lo scrittore James Fenimore Cooper, quello che scrisse “L’ultimo dei mohicani”, nel suo meno famoso romanzo “Spy” cita la taverna di Betsy Flanagan dove vengono serviti dei drink chiamati “cocktail”. Siamo nel 1821. Qualche anno prima, però, nel 1783, si racconta che per festeggiare la vittoria delle colonie americane nella guerra d’indipendenza, gli ufficiali di George Washington brindassero con una particolare locuzione: “al cocktail”, letteralmente “alla coda del gallo”.

Nel 1835, però, ci sarebbe un’altra fonte lessicale molto importante che porrebbe una valida alternativa alla natura della parola. A New Orleans, il farmacista creolo Antoine Amédée Peychaud inventa il bitter che prenderà il suo nome. Ai membri della loggia massonica “Concord Blue Lodge” a cui apparteneva, offre un semplice drink che miscela con cognac, assenzio e un “dash” del suo bitter. Il cocktail si chiama Sazerac e secondo molti, è il primo della storia, (Sazerac era il nome del cognac francese che andava di moda in Louisiana all’epoca), ma l’aspetto più interessante per noi è che veniva servito in bicchieri con la forma ovale chiamati, appunto, “Coqueteilles.

Martini

Molto probabilmente da questo mistero non ne usciremo mai. Tra l’aristocrazia dei cocktail, il “Martini” è il re e da buon sovrano non potevano mancare un mistero e un “giallo” al riguardarlo. Il mistero riguarda la sua nascita: la storia ufficiale racconta che a S. Francisco, negli anni della guerra civile, in un bar entra un avventore diretto alla città messicana di Martinez e chiede al barman di preparargli qualcosa di veramente tosto, visto il viaggio che doveva intraprendere. martiniDietro il banco si trovava nientemeno che Jerry Thomas, uno dei patriarchi della miscelazione, che in men che non si dica serve all’avventore un cocktail che avrebbe preso il nome di Martinez, perdendo poi nel tempo la “z”. Tutto regolare, senonchè, dalla città di Martinez arriva una versione diversa e speculare. Sarebbe stato un barman di nome Julio Richelieu a preparare un Martinez ad un avventore che era diretto a S. Francisco. Non solo, Jerry Thomas, che fu tra i primi a mettere ordine nell’immensa famiglia dei cocktail, non cita quella che sarebbe la sua creazione nel suo primo libro, ma solo successivamente ne reclama la paternità, dopo però che con il nome di “Martinez” la ricetta del drink era stata pubblicata in un altro volume. Dall’altra parte, allora, ci si da un gran daffare per trovare il misterioso Julio Richelieu, ma le ricerche non hanno esito perché, a quanto pare, questo barman non è mai esistito.

Ciliegina sulla torta o oliva nella coppetta, come preferite voi, arriva la storia che a New York un certo Martini di Arma di Taggia sia talmente bravo dietro al banco da esaltare nientemeno che John Rockfeller, il quale, estasiato dalla bontà del drink preparato dal barman, decide di chiamarlo “Martini’s cocktail”.

Negroni

A contendere la corona del drink più bevuto nel mondo al Martini, c’è il Negroni.

Anche questo cocktail, noblesse oblige, ha la sua schiera di gialli e misteri. Intanto, come si sa in base alla ricetta del cocktail, il Negroni discende da un precedente cocktail, ma è proprio qui che c’è il primo giallo. La vulgata vuole che negronidiscenda dall’Americano, che a sua volta era l’antico Milano – Torino, ma i conti non tornano. Il Negroni sarebbe stato “inventato” tra gli anni ’10 e ’20 del secolo scorso, mentre il nome “Americano” indicherebbe i festeggiamenti in onore di Primo Carnera, il pugile italo americano diventato campione dei pesi massimi nel 1933. In occasione di questo evento, il “Milano – Torino” sarebbe stato ribattezzato così. Non torna, quindi, la data. L’ipotesi che sembrerebbe più accreditata è che allora, si chiamava “americano” ogni bevanda miscelata e con molto ghiaccio, per intendere un modo nuovo di bere, “americano”, appunto.

Intorno al Negroni c’è poi la leggenda che il conte Camillo ne bevesse decine al giorno. La notizia sarebbe accertata, ma è giusto ricordare che allora, quando il ghiaccio era ancora merce rara, si utilizzavano i bicchieri di rosolio, molto più piccoli dei tumbler dove attualmente il cocktail viene servito.

Margarita

Altro cocktail particolarmente conteso è il Margarita. Intanto, il nome. Il cocktail deriverebbe da un altro drink, il “Tequila Daisy Cocktail” che apparteneva alla categoria dei “daisy”, ma intanto, ecco la prima traccia, perché “daisy” in inglese significa, appunto, “margherita”.

margarita2Poi c’è tutta la serie di pretendenti alla paternità: prima tappa, Acapulco negli anni ’40.

Qui c’è una signora che, guarda caso, si chiama Margaret Sames, ricca sfondata, che organizza feste sfrenate nella sua villa. Al suo fianco, uno dei bartender più famosi dell’epoca, Johnny Durlesser. La leggenda vuole che Johnny, preso da mistica ispirazione, inventi un cocktail a base di tequila, cointreau e succo di lime. Per non sbagliare, lo dedica alla padrona di casa che però ha un’altra versione: è stata lei a suggerire la ricetta a Johnny ed è quindi lei la creatrice. Tra i due ci sarà una clamorosa rottura.

Intanto c’è un certo Carlos “Danny” Herrera che a Tijuana sostiene di aver creato per primo il cocktail dedicando all’ex attrice Marjorie King (anche qui, il nome). La star avrebbe chiesto al barman un cocktail che non contenesse altro alcolico a parte la tequila. La versione non starebbe in piedi perché una parte fondamentale del Margarita è il Cointrau. Morale: questa storia è e resterà per sempre un mistero.

Mai Tai

Anche il Mai Tai, popolare e sofisticato cocktail del filone “caraibico”, è conteso tra due giganti della storia della miscelazione. mai taiUno è Vic Bergeron che fa risalire la creazione al 1944 in occasione della visita di due suoi amici tahitiani, l’altro è Donn Beach che, a sua volta, data la nascita del cocktail al 1933. La disputa è durata anni, ma la soluzione si trova nelle diverse ricette che variano le quantità delle diverse componenti rendendo più dolce la versione del ’44 e un po’ più secca quella del ’33. Quale sia il vero “Mai Tai”, ovvero “il migliore” nella traduzione dal tahitiano, spetta solamente a voi.

 

Cheers!