Cocktailsofia, l’arte di bere con sapienza

12541114_10208190066337708_1023942798732767319_nSapete perché l’Hemingway si chiama così? Sapete che in realtà si chiama Montgomery e perché? Cosa c’entra il leggendario peso massimo degli anni ’30 Primo Carnera con il cocktail “Milano – Torino” e perché quest’ultimo si chiama così? E prima ancora di tutto come nasce la parola “Cocktail”?

Questi e altri piccoli misteri del nostro quotidiano vivere sono racchiusi nel piccolo libro “Cocktailsofia – L’arte di bere con sapienza” pubblicato da “Il nuovo Melangolo” di Giovanni Giaccone che rappresenta il piccolo breviario di chi non vuole farsi sfuggire l’essenza di un gesto, l’elitaria e speciale possibilità di sapere a che punto siete della storia del drink che state sorseggiando, la rara possibilità di una consapevolezza storica che sfugge ai più nel volgare e travolgente appiattimento di “apericene” e movide varie.

Bere un cocktail resta ancora un piccolo gesto esclusivo da difendere e la storia dei principali cocktail è un piccolo inizio per innalzarsi dalla massa pretendendo civiltà: un bicchiere raffreddato a dovere, degli ingredienti di qualità e degli “appetizer” che siano l’appropriato corollario alla degustazione che state per fare. Perché come dice Federico Sirianni nella post fazione del libro quando vi avvicinate al banco per ordinare un drink non state semplicemente chiedendo da bere state diventando parte di una epopea… Salute!