Cocktail Bar, tutti gli errori da evitare

Cocktail Bar, tutti gli errori da evitare. Si fa molto presto a dire “esco e vado bere un cocktail con gli amici”. Se è vero che bere un drink in compagnia è diventato un modo assai diffuso per incontrarsi e fare due chiacchiere è anche vero che la diffusione del cocktail servito nei bar, non ha voluto dire automaticamente, un miglioramento del prodotto offerto.

mai taiIntanto, le abitudini alimentari sono mutate notevolmente da quando i leggendari drink hanno cominciato a essere shakerati sui banconi. Chi negli anni ’70 provava l’ebbrezza (in tutti i sensi) di assaggiare il famoso Negroni aveva a casa ad aspettarlo un pranzo o una cena regolare, anche per questo, in quegli anni, ad accompagnare il drink bastavano due patatine, delle olive e qualche nocciolina. Col tempo, la crescita degli appetizer ha contrassegnato una sempre maggiore freneticità delle abitudini alimentari degli individui e il cocktail da protagonista principale è diventato quasi un comprimario, nascosto da fette di pizza, focaccette e altro cibo, quasi sempre, di scarsa qualità.

Proprio questo cambiamento ha peggiorato negli ultimi vent’anni la qualità dei cocktail perché capita spesso che il bar venga giudicato più dalla quantità degli appetizer che offre che non da quello che vi fa bere. Sbagliato! Sbagliatissimo!!

I cocktail, quelli inseriti nella lista IBA, sono formule preziose e perfette che vanno rispettate rigorosamente! Un barman deve sentirsi in obbligo di servire il prodotto migliore e il cliente deve aspettarsi e richiedere un drink ottimo e servito come Dio comanda.

I PRINCIPALI ERRORI DEL BAR

Molti locali offrono cocktail, ma pochi rispettano le regole auree della loro produzione che, ovviamente, deve avvenire al momento dell’ordinazione e con prodotti di prima scelta, secondo le ricette originali e per la massima soddisfazione della clientela.

Intanto, meglio pochi ma buoni: una lista che offre cocktail da tutto il mondo, in certi casi anche quaranta drink, dev’essere super munita di ingredienti che siano quelli originali, che la frutta sia fresca, che i bicchieri siano giusti ciascuno per il cocktail che gli appartiene.

IL BICCHIERE DEL DRINK

glassesOgni cocktail ha il suo bicchiere e da quella confezione non bisogna transigere: il contenitore è allo stesso tempo contenuto e riporta la tradizione da dove arriva il cocktail.

Mi è capitato qualche volta di richiedere cocktail diversissimi nello stesso bar (ad esempio, un Mai Tai e un Daiquiri) e di vedere, orrore, che mi venivano serviti nello stesso tipo di bicchiere. Una tragedia! Ora ci può anche stare che i bartender decidano di non utilizzare la classica coppa di rame per servire il Moscow Mule perché temono di non ritrovarla più (mala tempora currunt), ma quando si parla di vetro, almeno un piccolo sforzo… Suvvia…

Altro elemento, più raffinato, ma per nulla secondario: I bicchieri, nella maggior parte dei cocktail, devono essere freddi, o raffreddati con il ghiaccio prima che ci sia versato il drink… Per favore…

GLI INGREDIENTI DEI COCKTAIL

Per quanto un bar, come si diceva, possa offrire anche trenta o più drink, la cultura del cliente medio lo renderà conscio di due o tre ricette al massimo. Sarebbe corretto inserire nei menu anche i diversi liquori, distillati e succhi con cui si andrà a miscelare il drink. Questo almeno per tre motivi: coc2La trasparenza del prodotto ed è inutile spiegarlo, la possibilità di dare al cliente l’idea di che cosa potrà assaggiare (senza un minimo di conoscenza il malcapitato ordinerà lo stesso drink che ordina da trent’anni), la possibilità per i più esperti di scegliere oppure richiedere qualcosa di diverso: un distillato speciale, un vermut, un rum.

Ora, è facile che ci si senta ordinare Moijto, Negroni o Gin Tonic, ma se qualcuno ordina un Mai Tai prendetevi la briga di vedere chi è. Avrà piacere anche lui a sentirvi chiedere se lo vuole nella versione di Vic the Trader oppure in quella di Don the Beachcomber. Il rischio, per capirci, è quello che finisca come quella volta che a me è arrivato un bicchiere di vino al posto di un Dark’ n stormy perché la cameriera non aveva la minima idea di cosa fosse il famoso cocktail della marina britannica.

Un particolare, il ghiaccio. Serve del ghiaccio di ottimo livello per fare i cocktail. I miseri cubetti ottenuti a temperature poco al di sotto dello zero non bastano. Tanto più sono piccoli, tanto presto si scioglieranno. Il ghiaccio migliore arriva a con temperature a – 18, – 20 con tre pezzi grossi, oppure ancora meglio un bel pezzo unico di ghiaccio, che oltre a sciogliersi molto lentamente conferisce al cocktail un fascino antico e irripetibile.

GLI APPETIZERS

Lo abbiamo detto prima: l’apericena è stato il prodotto anche di una trasformazione sociale in atto. Le esagerazioni non vanno mai bene, ma anche da questa variazione sul genere si può trarre qualche vantaggio. Intanto, cercare di proporre prodotti di qualità, non quello che resta della giornata. Ho dovuto lasciare i classici tramezzini che erano duri come il legno e la pizza un po’ tramortita dalla sveglia dell’alba. Impegnatevi un po’, cercando di trovare formule giuste per ogni cocktail e di metterci un po’ di fantasia, magari proponendo tipicità locali, come il fritto o le torte salate o, ancora, la farinata.

Vi terrò sott’occhio…