I cafè chantant con Petrolini e la Duse
Il ‘900 i cafè chantant e i radicali cambiamenti delle concezioni urbanistiche sconvolgono le grandi città europee soggette a importanti cambiamenti urbanistici.
Anche Genova avvengono quei radicali mutamenti che comportano la nascita di una “nuova” città. Già nell’ultimo decennio dell’800 l’assetto urbanistico di Genova cambia profondamente e la sua impronta medievale muta nella forma moderna che ancora oggi vediamo e viviamo. La spinta all’emigrazione sancita da accordi internazionali fa diventare Genova insieme a Napoli il porto da cui partiranno centinaia di migliaia di persone verso le Americhe. Cambiano i gusti e cambia anche il modo di divertirsi, i costumi progressivamente vanno a laicizzarsi e anche lo svago accoglie nuove sollecitazioni che arrivano dalla Francia, dall’Inghilterra e da oltreoceano…
i Cafè chantant
La stagione risorgimentale con l’avvenuta unità d’Italia ha perso la sua forza propulsiva e con essa il grande melodramma verdiano che è stato la colonna sonora di questo lungo periodo.
C’è tanta voglia di cambiare e fame di novità e con l’assetto urbanistico cambia anche la forma e l’uso dell’edificio teatrale con la creazione e la fioritura irripetibile di nuovi luoghi d’incontro e di divertimento.
La lirica che è stata la spina dorsale della precedente stagione non riesce più ad attrarre e a sostenere i ritmi di questa nuova “fame”.
L’amatissimo Puccini che nel 1904 al politeama genovese ha un successo travolgente produce i suoi lavori a scadenze di 7/8 anni tempi troppo lunghi per il pubblico del secolo appena iniziato.
Il socialismo impone nuovi modelli e paradgmi culturali, si sperimenta un teatro filo drammatico e il pubblico si appassiona a melodrammi a tinte fosche con eroine languide e piangenti ma quello che fa impazzire i genovesi una nuova forma leggera di intrattenimento che coniuga musica, danza e teatro. Poca voglia di pensare, tanta voglia di divertirsi. Gli impresari colgono subito al volo il nuovo vento e nascono sale che possano accontentare i nuovi gusti. La principale sarà il Teatro Verdi il primo teatro sotterraneo costruito sotto uno dei grandi edifici di via XX Settembre. Verrà tenuto a battesimo nientemeno che da Eleonora Duse con l’interpretazione de “La Gioconda” di D’Annunzio.
Un vecchio teatro, l’Andrea Doria diventerà il modernissimo e ancora oggi compianto politeama Margherita. Fra via Corsica e va Nino Bixio nasce l’Alcazar una struttura complessa con bagni, piscina, ristorante e caffè-concerto. Nel 1902, nella zona di Corvetto interessata a profondi cambiamenti urbanistici dalla fine del secolo precedente riapre un vecchio locale della zona il “Giardino d’Italia” che forse meglio di tutti rappresenta l’archetipo in base al quale si può inquadrare il profondo cambiamento che avviene nella stessa società genovese.
Il locale non lontano dal Parc Hotel che era inserito nel contesto del giardino Serra, offriva nella forma di un grande chalet lussuosamente decorato un’ampia serie di proposte anche nella sua stessa versatilità. Caffè, birreria, sala biliardo e teatro intercettava nuovi gusti e diversi, combinandoli fra loro. Passarono su quel palco gli onnipresenti Duse e D’annunzio, Lina Cavalieri, Petrolini, i futuristi con Flippo Tommaso Marinetti in testa, compagnie di giovani ballerine e moltitudini di cantanti.
Per quanto questi nomi appartengano per noi a una remota antichità per i tempi si trattava di un rinnovamento feroce e spregiudicato che non passò indenne da critiche. Petrolini dissacrava i costumi contemporanei, belle donne come la Cavalieri facevano girare la testa agli uomini e molte attrazioni spingevano verso dei costumi molto meno rigidi del recente passato. Era soprattutto il pubblico eterogeno del “Giardino d’Italia” a infastidire l’alta borghesia che sino ad allora aveva avuto il monopolio di questi posti. Alle coppie attempate che cercavano un tavolino per bere uno sciroppo di rose o un rosolio potevano affiancarsi al tavolo vicino giovani “flaneur” che andavano giù pesante con bicchierini di vermouth o boccali di birra oppure ragazze della piccola borghesia con la risata sguaiata e un generoso decolletè che bevevano il “liquore del perfetto amore” un antesignano dei cocktail a base di cedro, acquavite e zucchero sciroppato.
La cronaca dell’epoca, bersagliata dallo stesso Petrolini, parlava di una nuova droga che circolava anche a Genova, la cocaina, mentre i poeti francesi morivano di cirrosi bevendo l’assenzio e i soldati sparavano sulle folle che protestavano per il caro vita. Alcuni anni prima, non distante, alla Sala Sivori erano stati proiettati i primi film dei fratelli Lumiere e molti vecchi teatri avevano apportato delle modifiche alle loro strutture per ospitare la nuova arte: Il Colombo, l’Apollo, il Paganini e il Politeama genovese.
Sarà forse, pur dentro alle contraddizioni e alle grandi tragedie di allora, uno dei momenti più fecondi per la vita artistica della città. La “Grande Guerra” chiuderà questa stagione irripetibile. Tutto cambierà ma nulla tornerà come in questi “anni ruggenti”.
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