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Fantasmi a Genova tra vecchine, fanciulle e brutti ceffi

Se dovessimo analizzare il fenomeno dei fantasmi o degli spettri come li volete chiamare, spiriti di anime defunte che ritornano labilmente in questa vita per ragioni diverse, potremmo usare una chiave psicologica, fermo restando, che siamo tutti d’accordo sulla tesi che “i fantasmi non esistono”. Sarebbero, quindi, prodotti della nostra stessa mente capace di interpretare segni, rumori e singolari circostanze come segnale di una presenza.

Lo psicologo dilettante direbbe che “il rimosso ritorna sotto forma di senso di colpa nell’immaginario dell’individuo”. Una lettura che si adatterebbe alla perfezione al fantasma più famoso di Genova, la “vecchina di vico Librai” che appare ai passanti chiedendo di orientarsi in una città che non riconosce più e porgendo una banconota fuori corso per farsela cambiare o in segno di gratitudine a seconda dei casi.

Qui si tratterebbe di un “rimosso” neppure troppo psicologico: vico Librai, dove abiterebbe l’anziano spettro, si trovava nel quartiere di via Madre di Dio, storico insediamento di pescatori, poi divenuti operai risalente a una antichissima Genova. L’area fu demolita negli anni ’60 per far posto al monolitico “centro dei liguri” oggi sede degli uffici regionali. La demolizione non avvenne senza proteste. Gli abitanti dell’area, in buona parte poi trasferiti al Biscione, si opposero con occupazioni e manifestazioni, soprattutto per difendere un luogo storico, ovvero la casa di Nicolò Paganini che senza troppi pensieri, venne buttata giù insieme a tutto il resto. Anni dopo, intorno al 1987, la prima apparizione del “fantasma”, che in qualche modo, finì per essere il pretesto per ricordare quello che era accaduto e di cui nessuno aveva voluto più parlare.

Strada della Madre d'Iddio e ponte di Carignano a Genova, 1847, dipinto. stampa 18x24 (G07.47.02), carigeAltro fantasma “sintomatico” di Genova è quello del Carlo Felice.

Nel 1850, nel teatro costruito dall’architetto Carlo Barabino si comincia a parlare di un fantasma che si aggirerebbe tra le scene e i camerini del teatro, una figura femminile vestita di velluto rosso, scalza, che lascia al suo passaggio un lieve profumo di rosa. Si tratterebbe del fantasma di Leila Carbone, figlia di un noto liutaio del ‘500. Bella e appariscente attirò l’attenzione di un ricco rampollo genovese che si innamorò di lei, ricambiato. La storia però non andava a genio alla madre di lui che voleva per il figlio una moglie di diverso lignaggio e per disfarsi della ragazza riuscì a farla accusare di stregoneria. La ragazza, interrogata più volte e imprigionata, perse la vita per gli stenti e le sofferenze prima ancora della condanna.

La figura di Leila, malinconica e dispettosa (permetterebbe l’apertura delle porte solo dietro un’esplicita richiesta dei custodi rivolti lei), si starebbe aggirando ancora oggi all’interno del teatro che nel frattempo ha subito ingenti danni nel corso della seconda guerra mondiale e per anni nel dopoguerra è rimasto in attesa della ricostruzione arrivata solo nel 1991. Anche qui qualche ragione storica aiuta a spiegare la faccenda. L’area in cui venne edificato il Carlo Felice è proprio quella in cui si trovava la chiesa e il convento di S. Domenico, sede tra il XIV secolo e il XV dell’Inquisizione. Ai tempi, tribunale ecclesiastico e tribunale laico esercitavano, spesso in conflitto, un controllo asfissiante sulla popolazione e bastava poco, una delazione o una denuncia, per finire in una delle anguste celle del “palazzetto criminale”. Un luogo, insomma, temuto dai genovesi e la famosa diceria della “sfortuna” che caratterizza il teatro, potrebbe essere quel “rimosso” che ritorna sotto la forma di vaghi presentimenti e fenomeni iettatori.

Le vicende che stanno all’origine delle “Ghost stories”, sono, in ogni caso, per lo più, legate a morti tragiche e congiure di Stato ma anche a vissuti umani molto intensi come la costruzione di un imponente edificio. Infatti, oltre ai due principali casi di cui abbiamo raccontato, fantasmi che si possono incontrare sono quelli che, con molta discrezione e un po’ di immaginazione, la notte di S. Giovanni appaiono  nella cattedrale di San Lorenzo. Si tratta degli spettri di chi costruì l’imponente e suggestivo edificio che fa ancora bella mostra di sé nella città contemporanea. Probabilmente, staranno ancora rimuginando sulle ragioni di quel secondo campanile che mai si costruì. Spettro assai più fastidioso è quello che si potrebbe incontrare in via Croce di Ferro; la pesante croce di metallo fu issata nella metà dell’800 proprio per le intemperanze dello spirito che appariva all’improvviso e prendeva a male parole i passanti. L’anima irascibile era quella dell’abate Ravano che aveva lasciato alle confraternite religiose le sue cospicue eredità. Mossa non particolarmente gradita dagli eredi che su di lui diffusero le peggiori voci, tanto da evocarne l’alterato spirito. Ben più drammatica la storia di un altro fantasma, quello di Stefano Raggi, che apparirebbe nelle sere di autunno nei pressi della chiesa di S. Donato, vestito secondo la moda aristocratica del 1650.

Lo spettro si aggirerebbe pensoso, senza particolari smanie comunicative. Stefano Raggi, persona accorta ma di carattere, ebbe momenti di forte contrasto con la Repubblica tanto che una volta per una disputa tra gentiluomini finì per scambiarsi diversi colpi di archibugio con i gendarmi che volevano fermarlo. La sua rovina fu un’accusa mai effettivamente provata, quella di essere tra gli organizzatori di un colpo di stato ai danni della Repubblica genovese. Arrestato e interrogato più volte quando capì che non c’era nulla da fare e che non sarebbe mai riuscito a dimostrare totalmente la sua innocenza, il nobiluomo si suicidò. La morte non lo sottrasse alla condanna per lesa maestà e una colonna infame, rimossa nel 1816, fu eretta per condannarlo in eterno. Un fantama si aggira anche nell’imponente forte Sperone sulle alture di Genova: lo spettro “dal brutale aspetto” e quello dell’assassino di una pastorella, evento effettivamente accaduto verso la fine del ‘600. Da allora lo spirito si aggira alla ricerca di una impossibile espiazione. Nella chiesa di San Giacomo (ristrutturata nella metà dell’800) venivano ricoverati i corpi dei condannati a morte e la chiesa aveva assunto nel tempo anche la nomea della “Parrocchia degli impiccati”. Finivano qui anche i fucilati, generalmente briganti o condannati dal tribunale militare. E’ qui che si aggira lo spettro di un soldato, dall’aspetto orribilmente deturpato.

La prima apparizione risale al 1797 e si associa al suicidio di un altro soldato. L’episodio raccontato dalla “Gazzetta ufficiale” avvenne nella notte del 3 novembre. Un militare di guardia vide avvicinarsi una figura sconosciuta e intimò l’alt ma l’altro continuò a camminare. Quando fu vicino il militare si accorse che si trattava di un condannato da lui fucilato il giorno prima. Quest’ultimo rivolse al suo carnefice dure parole di monito prima di dissolversi, l’altro sconvolto dall’incontro il giorno dopo si tolse la vita.

Nella zona di via di Francia potrebbe essere possibile incontrare a notte fonda una vera e propria processione di spettri. Non lontano da lì si trovava, nel 1602, l’Oratorio delle Anime Purganti e nei pressi vi era il cimitero cosiddetto dei poveri, ovvero di chi non poteva permettersi una degna sepoltura. Situato non lontano dal mare, nell’atmosfera lugubre e piuttosto malsana della zona, non era improbabile imbattersi nelle ossa di qualche sepolto e le mareggiate portavano spesso i macabri resti sulle spiagge genovesi. Capitava che molti si recassero in zona di notte sperando di incontrare qualche anima che suggerisse i numeri del lotto, oppure per recuperare particolari tipi di ossa (le mani, ad esempio) per barbare e antiche superstizioni. Nel “ramo d’oro” di James Frazer si racconta che i ladri di un tempo usassero sostenere una fiaccola con lo scheletro di una mano per far sì che gli abitanti della casa che volevano svaligiare dormissero un sonno profondo.

In vico delle Mele apparirebbe notte tempo il fantasma di un’antica prostituta, una bella mora che lusingherebbe i passanti con esplicite profferte amorose, mentre in Salita degli Angeli apparirebbe al calar delle tenebre una processione di giovani monache.

A Marassi, dietro i “distinti” dello stadio Luigi Ferraris troviamo villa Centurione Musso Piantelli famosa per ospitare spiriti particolarmente turbolenti capaci di far volare stoviglie e ancora peggio tirare sonori ceffoni agli abitanti.